Agonia dell’identità

in dialogo col silenzio.
Arte site-specific - Residenza “La città continua” 

Prato, Settembre - Ottobre 2020

La residenza d’artista “La città continua”, organizzata da CUT (Circuito Urbano Temporaneo) è un progetto sperimentale di riqualificazione urbana dedicato al quartiere Soccorso di Prato, in Toscana.  Il quartiere è tra i più difficili della città, densamente abitato, multietnico, in cambiamento e in cerca di un’identità: vanta anche un primato come area con la maggiore densità abitativa del centro Italia. L’inevitabile scavalcamento dei limiti e di ogni ordine immutabile che avviene in seno alla civiltà occidentale, scende in questo contesto ad una dimensione così tangibile che veramente dobbiamo ritirarci sulle domande prima di arrischiarci con le risposte. Così è stato, e al Soccorso con la mia residenza ho portato le domande. Non le mie, ma quelle che vivono, eterne, nei cuori dei suoi abitanti e che non hanno un “luogo” dove scivolare senza fare del male. Le domande non vogliono essere risposte, vogliono essere radicalizzate e stare così presso di loro in modo autentico. Il contributo è stato il progetto personale “Agonia dell’identità”, una felice sintesi tra arti visive, performative e tecnica meditativa. Il progetto si è offerto come quel “luogo”, nel tempo e nello spazio, in cui poter avere dinanzi se stessi e la propria presenza nel via vai del quartiere. Una regione quasi al riparo da sè ma allo stesso tempo esposta alla silenziosa violenza esterna. La performance appare in tre luoghi diversi del Soccorso uno per ogni settimana di lavoro: in Via Alessandria di fronte al muro dell’Ambrosiana, in Via Trieste vicino alla rosticceria marocchina “Marrakech”, in Via Milano di fronte al vecchio cinema oggi abbandonato. Ogni mattina mi sono installato con i miei semplici strumenti di lavoro: un piano di disegno smontabile, penne bic nere, una riga, un piccolo orologio, un metronomo e un quaderno. Di fianco a me un’insegna in legno e la seguente frase incisa a invitare i passanti a fermarsi: 

“Se trovi 14 minuti per stare con te stesso una volta al mese, la prossima volta che lo farai pensa a questo momento. Altrimenti puoi farlo adesso e sederti qui per 14 minuti. Chiedi all’artista”

Chi si è lasciato condurre in questa anomala situazione di comunicazione silenziosa ha poi trascritto ricordi e pensieri, i quali sono raccolti in un piccolo quaderno. L’invito a chi si sedeva è sempre lo stesso: 7 minuti con gli occhi chiusi facendo attenzione ai suoni esterni ed interni, 7 minuti con gli occhi aperti per provare a vedere e vedersi con occhi diversi. Molti non si sono fermati, pochi hanno osservato con occhi sfuggenti, alcuni insistenti hanno voluto rubare di nascosto una risposta ai loro perché: perché un tipo in tuta gialla disegna sul marciapiede? Perché disegna soltanto linee?
E ancora con insistenza si rincorrevano le domande:

Che significa? A che servono le linee? Perché le linee?
Ma ti piace quello che vedi? Tu lo sai chi è il vero dio?
Prendi delle misure? Lo sai che sei coraggioso?
Ma non puoi disegnare anche delle altre cose?
Tu sei un essere mortale o immortale?  E’ un lavoro questo?Perché l’errore? Cosa è per te l’agonia? E’ utile? Ma ti pagano? Cosa è quel coso che fa tic-tac?


Così sullo sfondo della strada, lo scorrere meccanico della mia penna dava un volto e un nome all’alienazione della ragione occidentale. I più sensibili e attenti non si sono fermati alle apparenze e oltre alla mia personale presenza hanno saputo cogliere l’imprescindibile codificazione che guidava i miei gesti e l’anima dell’arte stessa.


Un ringraziamento speciale a:
Andrea Foligni
Associazione CUT
Claudio Ricci
Goffredo Gori
Massimo Pannocchi

Silvia Giagnoni
Simone Ridi
Stefania Benelli


www.fangoradio.com/shows/soccorso/#artisti-in-residenza-guido-mitidieri
www.cutcircuitourbanotemporaneo.com
www.pratosfera.com

vedi altri articoli sul progetto













Di seguito alcuni estratti dal quaderno per appunti che veniva offerto ai passanti al termine della meditazione condivisa. Non tanto per catturare dei pensieri che potrebbero andare perduti ma per lasciarsi errare.





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